Newsletter
La tua email (your email)*

Iscriviti (subscribe)
Cancellati (unsubscribe)

Contact Info
The Heritage of Tibet

Per contatti e informazioni:
Email:

AMDO - il paese del XIV Dalai Lama
foto di Giampietro Mattolin e testi di Piero Verni

AMDO - il paese del XIV Dalai Lama

La mostra è composta da 35 pannelli 70x50, stampe in alta definizione su carta fotografica e supporto in PVC spessore 10mm.

I pannelli sono stampati su canvas (tela pittorica) in alta definizione con intelaiatura in legno di 33mm, corredati con didascalie, e 8 pannelli in pvc con riportati i testi esplicativi delle tematiche della mostra.

Tema:
Situata nella parte nord orientale del Paese delle Nevi, la regione dell'Amdo è uno dei luoghi più affascinanti, superbi e significativi dell'intero Tibet. In Amdo si trovano sia il più grande lago del Tibet, il Tso Ngönpo (meglio conosciuto con il suo nome mongolo di Kokonor) sia la catena montuosa dell'Amnye Machen, una delle due montagne sacre del Tibet (l'altra è il Kailash), dove secondo la leggenda si trova la spada magica di Gesar di Ling, il grande eroe della tradizione epica tibetana. Alcune delle principali figure religiose della civiltà tibetana sono nate lungo questi sconfinati orizzonti: Lama Tzongkhapa che nel 14° secolo fondò la scuola Gelug, il 10° Panchen Lama e l'attuale XIV Dalai Lama, originario del villaggio di Takster.

Incontri con il pubblico:
L'incontro con il pubblico e la visita guidata avviene in occasione dell'inaugurazione.

La mostra fotografica è stata inaugurata il 9 maggio 2015 a Venezia all'interno di Padiglione Tibet, contestualmente alla Biennale, dove è rimasta fino al 28 agosto. Dall'1 al 6 settembre 2015 è stata esposta a Genova a Palazzo Ducale.

Immagini della mostra di Venezia

AMDO - il paese del XIV Dalai Lama AMDO - il paese del XIV Dalai Lama AMDO - il paese del XIV Dalai Lama
AMDO - il paese del XIV Dalai Lama AMDO - il paese del XIV Dalai Lama AMDO - il paese del XIV Dalai Lama

Immagini della mostra di Genova

AMDO - il paese del XIV Dalai Lama AMDO - il paese del XIV Dalai Lama AMDO - il paese del XIV Dalai Lama
AMDO - il paese del XIV Dalai Lama AMDO - il paese del XIV Dalai Lama AMDO - il paese del XIV Dalai Lama
AMDO - il paese del XIV Dalai Lama AMDO - il paese del XIV Dalai Lama AMDO - il paese del XIV Dalai Lama
AMDO - il paese del XIV Dalai Lama

L'Amdo

Se c'è un luogo che si avvicina allo stereotipo di un Tetto del Mondo fatto di praterie che si perdono verso orizzonti circondati da alte montagne, ricco di animali selvatici e abitato quasi esclusivamente da nomadi, bene questo è stato l'Amdo fino all'invasione cinese del 1950. Popolato in larga misura da genti di lingua ed etnia tibetana arrivate in queste zone verso il VII secolo, quando annetterono buona parte dei territori dell'angolo nord orientale del Paese delle Nevi al regno (alcuni storici lo definiscono Impero) della dinastia di Yarlung (apogeo tra il VII e VIII secolo). Questi monarchi, partendo dalla valle omonima situata nel Tibet centrale, avevano unificato sotto il loro comando quasi tutte le zone in cui si trovavano popolazioni tibetane. Territorio molto vasto (circa 645.000 chilometri quadrati) composto per lo più da sterminati pascoli situati ad un'altitudine media tra i 3000 e i 3500 metri e da aree coltivabili che si trovano ad una altezza di poco inferiore (tra i 2000 e i 2500 metri), l'Amdo consentiva ai suoi abitanti (amdowa), sia nomadi sia stanziali, una vita dura ma decorosa dal momento che la terra era abbastanza generosa da poter provvedere alle esigenze alimentari sia degli esseri umani sia degli animali. *

Per i suoi abitanti, in grande maggioranza buddhisti, l'Amdo è la più bella regione del Tibet (che a sua volta è il miglior Paese del mondo). Ai loro occhi una fortuna incommensurabile è rappresentata dalla catena montuosa del Kunlun all'interno della quale si trova l'Amnye Machen, una montagna di 6.282 metri considerata sacra da tutti i tibetani e in particolare dalle popolazioni nomadi Golok che la venerano come dimora della loro principale divinità Machen Pomra. Per compiere a piedi, a cavallo, a dorso di yak, la circumdeambulazione (kora) dell'Amnye Machen giungono pellegrini da ogni angolo della regione e sovente anche da altre parti del Tibet. Si calcola che prima dell'occupazione cinese, oltre diecimila persone ogni anno compissero la kora, che può durare anche una decina di giorni, benedetti da quella massa di neve e ghiaccio che si staglia contro il profilo dell'orizzonte esaltando con la sua imponente bellezza lo stupore, l'ammirazione e la fede dei devoti.

Altra meraviglia della natura è il grande lago salato che si trova nell'Amdo nord-orientale. Con una superficie di oltre 4000 kmq ad una altitudine di 3200 metri, appare come una sterminata goccia di blu cobalto circondata dalle dune di un deserto di alta quota e da immense praterie. I mongoli lo chiamano Kokonor ("mare azzurro"), i tibetani Tso Ngönpo e i cinesi Qinghai, e già il fatto che abbia così tanti nomi racconta come questo luogo sia stato nel corso della storia un autentico crocevia di etnie, culture e civiltà. Anche qui i sentieri della fede conducono i devoti a circumdeambulare la distesa d'acqua che sembra non finire mai. Eppure donne ed uomini, laici e religiosi, contadini e nomadi, compiono felici questa lunga e impegnativa kora impiegando tra i venti e i trenta giorni a seconda se la si compie a piedi o a cavallo.

Fino ad epoca recente** i nomadi rappresentavano quasi la metà dell'intera popolazione del Tibet. Chiamati Drogpa ("quelli che abitano negli alti pascoli"), sono con ogni probabilità gli originari abitanti del Tibet. Nel mezzo delle praterie, anche da notevoli distanze, si vedono i loro accampamenti. Macchie di tende scure, ognuna delle quali ospita una famiglia, e tutt'intorno gli armenti al pascolo. Le sagome imponenti degli yak e delle dri con i grandi ciuffi di pelo che scendono fin quasi a toccare il terreno, i profili più modesti degli dzo e delle dzomo ***, gli scatti nervosi dei cavallini tibetani e poi le gouache chiare delle pecore che nei casi di armenti numerosi sembrano quasi un onda che si muove sulla superficie dell'oceano d'erba. L'ordine sociale dei nomadi è semplice, l'unità essenziale è costituita dal "cerchio" che normalmente comprende otto o nove tende ma può aumentare fino ad ottanta. La più diffusa forma di matrimonio è la monogamia ma è anche presente la poliandria. La vita dei nomadi tibetani è ciclica e basata sui ritmi stagionali. Muovono i loro armenti tre volte l'anno pascolando nei drong ("le valli profonde") in inverno, e migrando verso altitudini più elevate in estate. Gli uomini indossano delle pesanti chuba fatte con pelli di pecora con il pelo rivolto all'interno per assicurare robustezza e calore e vengono portate quasi sempre sulla nuda pelle. Anche le donne vestono le chuba, ma in questo caso sono di lana pesante, sotto le quali indossano delle camicie di cotone o seta. Come ovunque in Tibet, un grembiule di cotone a strisce colorate orizzontali (ponding), identifica quelle sposate. Tutti i nomadi sono cavalieri provetti e si sfidano gli uni con gli altri in gare di abilità che si tengono nel corso dell'anno.

Tra i nomadi si distinguono i Golok una tribù di fieri e, a volte, feroci briganti. Golok vuol dire in tibetano "ribelle" o "con la testa al contrario" nomi che ben si adattano a popolazioni che non hanno mai accettato alcuna autorità sia cinese sia tibetana. Il loro territorio, attraversato dal Fiume Giallo (Ma-chu) si estende dalle vaste praterie del Kokonor al massiccio dell'Amnye Machen.

L'Amdo è famoso anche per la presenza sul suo territorio di alcuni importanti monasteri buddhisti, in particolare quelli di Labrang e Kumbum. Il primo venne fondato nel 1709 da Jamyang Zhepa Ngawang Tsondru (1648-1721) ed ha una struttura imponente che ricorda da vicino quella dei grandi monasteri del Tibet centrale. Ancora alla fine degli anni '40 dello scorso secolo ospitava 3000 monaci, 300 geshe (grandi eruditi), e un centinaio di tulku (lama reincarnati). Il Kumbum venne fondato nel 1583 dal III Dalai Lama (Sonam Gyatso) nel luogo in cui era nato il grande Lama Tsongkhapa. Nel corso dei secoli il complesso originario si è notevolmente arricchito di elementi architettonici di notevole valore artistico, tra cui il "Grande Tempio d'Oro", la "Sala delle Assemblee" e gli otto chorten bianchi che ricordano gli otto episodi principali della vita del Buddha Shakyamuni.

* Dopo l'invasione cinese del Tibet (ottobre 1950) il territorio dell'Amdo è stato incorporato nella regione del Qingai ma la popolazione continua a non accettare la colonizzazione di Pechino e negli ultimi anni ben 110 persone si sono date fuoco per protestare contro l'annessione del Tibet alla Cina Popolare.

** Negli ultimi anni la politica di Pechino cerca con ogni mezzo di distruggere la cultura e il tradizionale modo di vivere dei nomadi tibetani; più della metà sono stati costretti con la forza a risiedere in una serie di "villaggi socialisti" che i nomadi considerano delle autentiche prigioni.

*** i bovidi del Tibet si distinguono in yak (il maschio) e dri (la femmina); sono animali di grande stazza considerati il vertice della piramide bovina del Paese delle Nevi; dzo (il maschio) e dzomo (la femmina), di taglia più modesta, sono il risultato di un incrocio tra uno yak e una mucca.

Amdo

If there is a place which comes close to the stereotype of a "Roof of the World", made up of grasslands extending as far as the eye can see towards distant horizons of high mountains, a place teeming with wild animals and populated almost exclusively by nomads - well, this was Amdo until the Chinese invasion of 1950. It was inhabited largely by peoples of Tibetan ethnic origin and language, who arrived in this area around the 7th century and annexed most of the territory in the northeast corner of the Land of Snows to the kingdom (some historians call it the Empire) of the Yarlung dynasty, which reached its peak between the 7th and 8th centuries. These Yarlung monarchs, starting from the valley of the same name in Central Tibet, unified almost all the areas in which Tibetan populations were found under their command. The territory of Amdo was vast (about 645,000 square kilometres) and composed mostly of limitless pastures situated at an average altitude of between 3000 and 3500 metres, and cultivable areas which were not much lower (2000 - 2500 metres). Its inhabitants (andowa), whether nomads or settlers, led a hard but dignified life thanks to a land rich enough to provide enough food for both humans and animals. *

For its inhabitants, the great majority of them Buddhists, Amdo is the most beautiful region in Tibet, which in turn is the best country in the world. They consider themselves immeasurably lucky to have the Kunlun mountain chain, within which rises the Amnye Machen, a mountain 6,282 metres high, considered sacred by all Tibetans and particularly by the Golok nomads, who venerate it as the dwelling of their principal deity Machen Pomra. Pilgrims come from all over the region, and often from other parts of Tibet, to make the circumambulation (kora) of the Amnye Machen on foot, on horseback or mounted on a yak. It is estimated that before the Chinese occupation, every year more than 10,000 people completed this kora, which can take as long as 10 days, for the blessing of that mass of snow and ice outlined against the horizon, whose imposing beauty excites the amazement, admiration and devotion of the faithful.

Another marvel of nature is the huge salt lake found in northeastern Amdo. With a surface area of more than 4000 square kilometres and an altitude of 3200 metres, it is a seemingly limitless stretch of cobalt blue water, surrounded by the dunes of a high desert and by immense grasslands. The Mongols call it Kokonor ("blue sea"), the Tibetans Tso Ngonpo and the Chinese Qinghai, and the very fact that it has so many names tells us that in the course of history this place has been a real meeting point for ethnic groups, cultures and civilizations. And here too, faith leads devotees to circumambulate the stretch of water along a path that seems never-ending. Yet women and men, laypeople and monastics, farmers and nomads are happy to undertake this long and strenuous kora, which takes between 20 and 30 days depending on whether one travels on foot or on horseback.

Until recent times** nomads made up almost half of the entire population of Tibet. Called Drogpa ("those who live in the high pastures"), they were very probably the original inhabitants of Tibet. Their camps can be seen, even from considerable distances, in the middle of the grassy plains: dark blotches of tents, each housing a family, with the herds grazing all around them - the imposing silhouettes of yaks and dris, with their shaggy tufts of hair so long that they almost touch the ground, the more modest outlines of dzos and dzomos***, the tense jerky movements of small Tibetan horses and the pale smudges of sheep, which in the case of large flocks look almost like waves moving on the surface of an ocean of grass. The nomads' social organisation is simple: its essential unit is the "circle", normally made up of eight or nine tents, although there may be as many as eighty. The most common form of marriage is monogamic, but polyandry is also found among them. The life of Tibetan nomads is cyclic, following the rhythm of the seasons. They move their herds three times a year, grazing in the drong ("deep valleys") in winter and migrating to higher altitudes in summer. The men wear heavy chubas made of sheepskin with the wool on the inside for warmth and durability, nearly always wearing them against bare skin. The women also wear chubas, but theirs are made of heavy woollen cloth, worn over cotton or silk shirts. A cotton apron with coloured horizontal stripes (ponding) identifies the married women, here as everywhere else in Tibet. All nomads are experienced horsemen and challenge one another in competitions of skill held throughout the year.

Among nomadic groups the Golok stand out as a tribe of proud and sometimes fierce brigands. In Tibetan, the term Golok means "rebel" or "recalcitrant", names well suited to a population which have never accepted any authority, whether Chinese or Tibetan. Their territory, through which the Yellow River (Ma-chu) flows, extends from the vast plains of the Kokonor to the Amnye Machen massif.

Amdo is also famous for the presence in its territory of important Buddhist monasteries, particularly Labrang and Kumbum. The first was founded in 1709 by Jamyang Zhepa Ngawang Tsondru (1648-1721), and has an imposing structure closely resembling that of the great monasteries of central Tibet. Until the end of the 1940s it was home to 3000 monks, 300 geshes (great scholars), and about a hundred tulkus (reincarnate lamas). The Kumbum was founded in 1583 by the 3rd Dalai Lama, Sonam Gyatso, at the birthplace of the great Lama Tsongkhapa. Over the centuries the original complex has been considerably enriched by further buildings of great artistic value, including the "Great Golden Temple", the "Assembly Hall", and the eight white chortens commemorating the eight principal episodes in the life of Buddha Shakyamuni.

* After the Chinese invasion of Tibet (October 1950), the territory of Amdo was incorporated into the region of Quingai, but the population still refuses to accept colonisation by Beijing and in recent years as many as 110 people have set themselves on fire in protest against the annexation of Tibet by the People's Republic of China.

** In recent years it has been Beijing's policy to use every possible means to destroy the culture and traditional way of life of Tibetan nomads. More than half of the nomad population have been forced to settle in a series of "socialist villages" which they regard as real prisons.

*** Tibetan bovids are divided into the yak (male) and dri (female), massive animals considered to be at the apex of the bovine pyramid in the Land of Snows; the dzo (male) and dzomo, of more modest size, are the result of crossbreeding between a yak and a cow.